… meglio conosciuto come rifugio “Gingerino”!
Un piacevole itinerario da “rifugio a rifugio” anche se in questa versione dell’itinerario ho deciso di partire poco prima del rifugio Bertagnoli per fare un pochino di dislivello in più.
Ci troviamo sulle Piccole Dolomiti in provincia di Vicenza, e più precisamente nella Alta Valle del Chiampo. Per arrivare al punto di partenza si sale verso l’alta valle del Chiampo, in direzione di Ferrazza e poi di Campodalbero, giungendo infine alla località La Piatta, con possibilità di parcheggiare anche prima. Io, questa volta, lascerò l’auto nel punto appena indicato, un piccolo parcheggio sulla sinistra poco dopo la Baita del Veronese. Attenzione, la strada che conduce al rifugio è una tipica strada di montagna, quindi stretta.


IL PERCORSO IN SINTESI
- PARCHEGGIO: presso il primo parcheggio dopo la Baita del Veronese.
- PARTENZA: dopo il parcheggio lungo la strada asfaltata.
- SVILUPPO: 10 km circa totali
- DURATA: mediamente 3/4 ore totali
- DISLIVELLO: 650 metri D+ circa
- TIPOLOGIA SENTIERO: A/R stesso itinerario con possibilità di allungare il giro e passare al rifugio Bertagnoli. In questo caso si scenderà poi lungo la strada asfaltata fino al parcheggio
- DIFFICOLTA’: facile/media la salita
- SEGNAVIA: CAI 215 + 202
- PUNTI DI APPOGGIO: rifugio Gingerino e rifugio Bertagnoli. Solitamente anche la malga Campodavanti apre in estate, informarsi preventivamente
DESCRIZIONE ITINERARIO AL RIFUGIO MONTE FALCONE
Parto dal parcheggio e percorro un breve tratto asfaltato di 300 metri, fino a incontrare sulla destra un sentiero con segnavia CAI n. 215, diretto verso il rifugio Monte Falcone, mia meta.
Cammino lungo il sentiero, circondata da foglie gialle in un bosco fitto e affascinante coperto di primule. So che mi attende una bella salita che non smette mai di farsi sentire. Il sentiero si sviluppa in questa prima parte in mezzo al bosco, sempre ben segnalato.
In estate, questo bosco avvolge l’aria con il profumo dei ciclamini, mentre in primavera si risveglia dal torpore, spoglio ma vivo. Salgo in silenzio, accompagnata solo dal ritmo del mio respiro, osservando intorno nella speranza di scorgere qualche camoscio. Non ne vedo, ma continuo la salita con costanza, fino a raggiungere la strada sterrata CAI 215 che arriva dal rifugio Bertagnoli.



Decido di non seguire la strada sterrata principale. Mi inoltro invece in un sentiero ripido, che taglia una buona porzione del percorso. Il sentiero mi porta più in alto rapidamente. La pendenza non concede tregua.
In breve, il sentiero mi riporta alla strada sterrata, dove scelgo un’altra deviazione che mi conduce verso Malga Campodavanti. Il percorso si immerge sempre più nella natura, trasformandosi da bosco a pascolo.

Nel letto di foglie secche si fanno spazio una miriade di bucaneve, tanti puntini bianchi da fotografare. C’è ancora un po’ di neve, siamo a fine marzo. Seguo le indicazioni per il rifugio Monte Falcone, che segnalano un’ora e mezza di cammino. Spero di metterci meno.
In un’ora dalla partenza raggiungo la malga Campodavanti. Poco dopo inizia a piovere, ma nulla di preoccupante: mi vesto adeguatamente e proseguo il cammino. Ormai avevo quasi completato quella parte del percorso più impegnativa. Dalla malga mi aspetta un bel sentiero di mulattiera che mi condurrà fino al rifugio, con alcuni saliscendi lungo il tragitto.



Lascio la malga sulla sinistra e mi avvio in breve salita, fermandomi per una breve sosta prima di riprendere il cammino lungo il sentiero della mulattiera, largo e fuori dal bosco.
La valle, purtroppo, è troppo grigia per essere vista chiaramente. Tutto intorno c’è una tonalità di grigio. Davanti a me vedo Cima Marana, e la mia meta è il Rifugio Monte Falcone. Percorro un tratto piacevolmente pianeggiante, seguito da alcune brevi discese.



Sul tornante c’è un cartello che indica due tipi di sentieri escursionistici: turistico ed escursionistico. Scelgo il primo visto che piove. Vi assicuro che la vista da qui sarebbe bellissima, se non fosse per la giornata grigia. L’ho fatto così tante volte…

Fino ad arrivare al Passo della Porta in poco tempo, e proseguire dritto su terreno pianeggiante.
Immerso nei miei pensieri, a un certo punto noto un camoscio che mi osserva. Poco più in là, vedo un altro camoscio… anzi no, sono tre! Che meraviglia, ragazzi! Li si incontra spesso, ma è sempre una gioia.



Proseguo ancora un po’ e continuo a vedere camosci, sempre immersa nei miei pensieri. È davvero favoloso. Arrivo così, in breve, proprio sotto al rifugio, precisamente alla sella di Campetto, a 1543 metri. Questa parte di sentiero è molto dolce e tranquilla.




I^ Guerra Mondiale: Le postazioni di artiglieria a Campodavanti
La sella di Campetto è attraversata da una strada militare che, durante la Prima Guerra Mondiale, collegava Fongara ai pascoli di malga Campodavanti. Il percorso, lungo circa 6 km includeva 32 tornanti. Nel 1918 incrociava al passo Gabellele la strada militare che da Ferrazza, passando per Campodalbero, proseguiva verso Campobrun passando per Malga Fraselle e il Passo della Lora.
Iniziata il 22 maggio 1915 da una compagnia di alpini con l’aiuto di manodopera civile, consentiva il trasporto di 4 cannoni da 149 G, ciascuno del peso di 6.041 kg, fino alla postazione strategica a quota 1610 m s.l.m. Da questa posizione si dominava l’alta valle dell’Agno, con vista sul passo Pertica, l’alta valle dei Ronchi, il gruppo del Carega e il passo di Campogrosso.
Lungo la cresta, percorsa dai sentieri del versante recoarese, sono visibili tracce delle postazioni della linea difensiva “Ortogonale 2”, che collegava il Carega al Civillina e al Novegno.
ARCHEOVIA
Per valorizzare i ritrovamenti emersi dalle campagne di scavo che hanno coinvolto ricercatori, appassionati e studenti, e per offrire al visitatore un viaggio attraverso 100.000 anni di presenza umana, è stato ideato un percorso archeologico lungo il crinale tra Monte Falcone e Marana: un anello di circa quattro chilometri, suddiviso in 14 tappe. L’Archeovia di Monte Campetto presenta i risultati di cinque anni di ricerche sulla dorsale Marana-Campetto, sul limite orientale dei Monti Lessini. Le indagini hanno mostrato una frequentazione umana lunga centomila anni. L’Archeovia consente di esplorare non solo un paesaggio montano ma anche il tempo, rivelando tracce lasciate dall’uomo nel Paleolitico medio (100.000 anni fa), Mesolitico (8000-4500 anni fa), età del Bronzo (4000-3000 anni fa), età romana, Medioevo, età moderna, fino alla Seconda Guerra Mondiale.
A questo punto si possono osservare sia il versante recoarese con i sentieri che salgono da lì, sia quello che arriva da Cima Marana e, salendo verso l’ultima salita per raggiungere il rifugio Montefalcone, si ammira anche la valle del Chiampo.
Il rifugio ha un aspetto particolare; non si distingue per la bellezza esterna, ma per la gestione (curata dagli stessi rifugisti del Bertagnoli). Vi assicuro, però, che, illuminato dalle luci del tramonto o dell’alba, oppure avvolto da una suggestiva nevicata, acquista un fascino davvero unico.
Questa era in passato una zona sciistica, come si può notare dalla presenza della vecchia seggiovia ormai fuori servizio. Durante l’inverno, con un buon innevamento, l’ex pista da sci si trasforma in una suggestiva area per sci alpinismo.
Il sentiero di ritorno segue lo stesso percorso dell’andata. Tuttavia, una volta raggiunta Malga Campodavanti, è possibile proseguire fino alla Bocchetta Gabellele e scendere lungo la strada sterrata n. 215 fino al Rifugio Bertagnoli. Da qui si può continuare in discesa su strada asfaltata fino al parcheggio.
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